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PSG, Lucas Chevalier accusato di fascismo per un “Mi Piace”

Scandalo PSG. Il portiere Lucas Chevalier è travolto dalle polemiche per un "Mi Piace" a un post di destra estrema. La sua difesa.
Luis Enrique, Calcio
Luis Enrique, Calcio

Un semplice tocco sullo schermo ha scatenato un inferno mediatico. Il portiere del PSG, Lucas Chevalier, si è ritrovato al centro di una violentissima polemica per aver messo un “Mi Piace” su Instagram a un post che sosteneva la candidatura del Rassemblement National (destra estrema) contro il Nouveau Front Populaire. Una controversia che il giovane giocatore avrebbe volentieri evitato, specialmente poche ore dopo la difficile vittoria contro il Lione.

Il “mi piace” fatale e l’accusa immediata

Mentre il PSG festeggiava il 3-2 contro il Lione, gli utenti dei social media hanno notato l’interazione, scoprendo che Chevalier aveva approvato un post del vicepresidente dei Repubblicani, Julien Aubert, che annunciava il suo sostegno alla destra radicale.

La reazione è stata immediata e brutale.

Costretto a rispondere, Chevalier ha provato a spegnere l’incendio con una lunga storia su Instagram, insistendo sul fatto che l’azione fosse stata “assolutamente accidentale” e non riflettesse in alcun modo le sue convinzioni politiche.

“Ho visto quello che è stato detto su di me la sera precedente riguardo al fatto che ho messo ‘Mi Piace’ su Instagram a un post con un orientamento politico che ovviamente non condivido affatto,” ha scritto il portiere. “Non sto cercando di convincervi, ma è avvilente sapere che scorrendo si lascia un like senza rendersene conto su un post, e che svegliandosi dal tuo pisolino per prepararti alla partita, ti dicono che la tua immagine è stata infangata da cima a fondo per un’azione accidentale, mi dà fastidio.”

“I limiti sono stati oltrepassati”

L’estremo difensore ha confessato di essere rimasto profondamente colpito dalle accuse, sentendo che “i limiti sono stati oltrepassati”. Chevalier ha risposto direttamente all’accusa più pesante, appellandosi ai valori instillati dalla sua famiglia:

“Non sono qui per esporre la mia educazione e le mie convinzioni politiche perché sono prima di tutto un calciatore. Ma chiunque mi conosca sa benissimo quanto io sia una persona i cui genitori e la cui famiglia hanno instillato valori, rispetto, e che non mi permetterei mai di pensare quelle cose.”

Il portiere ha denunciato la portata delle accuse, percepita come un attacco personale e familiare: “Avete cercato di farmi passare per un fascista, e non state prendendo di mira me, ma tutta la mia famiglia. Non mi metterò mai nella posizione di vittima, ma i limiti sono stati oltrepassati, e di molto.”

La controversia, che ha ricevuto persino la reazione di figure politiche come Éric Ciotti (che ha denunciato gli “insulti razzisti” diretti al giocatore), ha travalicato i confini sportivi, dimostrando quanto sia sottile e pericoloso il confine tra vita privata e sfera pubblica nell’era dei social media.