Leoni, Aquile e Faraoni: storie dietro i nomi della Coppa d’Africa 2025
Il sipario si alza oggi, domenica 21 dicembre 2025, sulla Coppa d’Africa (CAN) in Marocco, un torneo che è molto più di una semplice competizione sportiva: è una sfilata di simboli, leggende e identità nazionali. Ogni selezione che scenderà in campo fino al prossimo 18 gennaio porta con sé un soprannome che ne racconta la storia, evocando la fauna selvaggia, l’orgoglio storico o le ricchezze del sottosuolo. Capire questi nomi significa immergersi nel cuore pulsante del continente.
Il ruggito dei dominatori
I padroni di casa del Marocco aprono le danze con i loro Leoni dell’Atlante, un omaggio a una specie reale che un tempo popolava le vette del paese e che oggi, pur essendo scomparsa allo stato selvatico, rimane impressa nello stemma nazionale. Ma i ruggiti saranno molti in questa edizione. Il Camerun si affida ai Leoni Indomabili, simbolo di una forza che non si piega davanti a nessuno, mentre il Senegal ha scelto di declinare il nome del felino in modo unico: i Leoni della Teranga. Il termine “Teranga”, in lingua wolof, significa ospitalità, un modo per ricordare al mondo che si può essere feroci in campo ma profondamente accoglienti fuori.
Le potenze del cielo e della terra
Il cielo marocchino sarà solcato metaforicamente da diverse “aquile”. La Tunisia scende in campo come le Aquile di Cartagine, un richiamo diretto alla grandezza dell’antico impero punico e alla sua posizione strategica nel Mediterraneo. Il Mali risponde con le sue Aquile, simbolo nazionale di libertà, mentre il Nigeria di Victor Osimhen vola sotto il nome di Super Aquile. Curiosamente, i nigeriani erano chiamati originariamente “Aquile Verdi”, ma il termine “Super” è stato aggiunto per riflettere la crescita della potenza calcistica del paese.
Sulla terraferma, la Costa d’Avorio difende il titolo con il nome di Elefanti, un animale che simboleggia potenza e longevità, ma che richiama anche il commercio dell’avorio che ha segnato la storia della nazione. Più agile è invece l’Algeria, i cui giocatori sono noti come Fennecs, le piccole ma furbissime volpi del deserto. Una trasformazione interessante è quella del Benin: la federazione ha recentemente deciso di abbandonare il soprannome “Scoiattoli”, considerato poco intimidatorio, per passare a quello di Ghepardi, sperando che la velocità del predatore si rifletta nei risultati della squadra.
Dai veleni alle ricchezze minerarie
Alcune nazionali hanno scelto simboli decisamente più letali. È il caso del Mozambico, che scende in campo come i Mambas, uno dei serpenti più velenosi e rapidi della terra, un nome che incute timore e che richiama anche la celebre mentalità di Kobe Bryant. Le Comore, invece, portano il nome dei Celacanti, un pesce preistorico rarissimo che si credeva estinto e che è riapparso proprio nei loro mari, simbolo di resilienza e unicità.
Non mancano i riferimenti storici e industriali. L’Egitto di Mohamed Salah non poteva che essere rappresentato dai Faraoni, custodi di una civiltà millenaria che ha dominato il mondo antico. Il Sudafrica gioca con il nome di Bafana Bafana, che in lingua zulu significa semplicemente “i ragazzi”, un termine affettuoso nato dalla stampa locale negli anni ’90. Infine, lo Zambia porta un soprannome unico nel suo genere: i Chipolopolos, ovvero i “proiettili di rame”. È un omaggio al prezioso minerale che costituisce la spina dorsale dell’economia del paese, unendo così il destino della nazione a quello del pallone.