“Il segreto dell’Inter di Inzaghi”: Acerbi racconta cosa succedeva nello spogliatoio

Nell’autobiografia “Io, Guerriero”, Francesco Acerbi ha ripercorso i momenti chiave del suo arrivo all’Inter, sottolineando il ruolo decisivo di Simone Inzaghi. “Il mister mi conosceva dai tempi della Lazio. Mi aveva voluto perché sapeva chi ero. Non tanto tecnicamente – quello lo possono valutare tutti – ma come uomo. E questo per me ha fatto la differenza. Sapere che c’era qualcuno pronto a scommettere su di me, ancora una volta, mi ha dato forza”.
Acerbi: “Ho imparato a non cercare applausi”
Il difensore ha raccontato la sua sfida personale nel conquistare l’ambiente nerazzurro: “Ho imparato a non aspettarmi applausi, né a cercarli. Quando arrivi in un club come l’Inter a trentatré anni, devi essere pronto a sentire il giudizio addosso ogni domenica. Sapevo che il tifoso nerazzurro è esigente, si aspetta sempre il massimo da chi indossa quella maglia. Io non chiedevo altro: ero lì per giocare, non per essere giudicato. A poco a poco la gente ha cominciato a capirlo. Hanno visto che non ero lì per occupare spazio, ma per guadagnarmelo. Hanno capito che non avevo paura di metterci la faccia. E che, ancora una volta, ero pronto a fare la mia parte”.
Acerbi: “Un gruppo vero non si rompe mai”
Guardando alla stagione 2022-23, Acerbi ha ricordato il clima vissuto nello spogliatoio: “La stagione 2022-2023 è stata un’avventura sportiva che difficilmente dimenticherò. Non solo per i risultati, ma per l’energia che si è creata attorno alla squadra. Non è stato tutto facile, abbiamo avuto alti e bassi, come succede sempre. Ma quando un gruppo è vero, non si rompe nei momenti difficili. Si stringe. E noi lo abbiamo fatto. Quando un gruppo tiene, anche i momenti di crisi diventano prove superabili. Giocare al fianco di gente come Barella, Bastoni e Darmian, condividere il reparto con Skriniar e de Vrij, vedere in campo Brozovic, Dzeko, Handanovic, sentire ogni partita come una missione collettiva è stato esaltante. Ci si capiva al volo. Bastava uno sguardo, un gesto con la mano e sapevamo già cosa fare”.
Acerbi: “Non c’erano primi della classe o gregari”
Poi l’elogio allo spirito di squadra: “In campo, era sufficiente uno sguardo per capire dove andava la palla. Non servivano parole. Il meccanismo difensivo funzionava perché ci fidavamo l’uno dell’altro. Quello che ci ha portati a fare il salto di qualità, però, è stato lo spirito. Non c’erano divisioni, non c’erano primi della classe e gregari: tutti facevano tutto. Se serviva correre dieci metri in più, si correva. Se serviva stare zitti e abbassare la testa, lo si faceva. Nello spogliatoio non esistevano ruoli gerarchici: esistevano solo uomini che volevano vincere”.