Serie A

La Legge di Mau: il muro Sarri e a riscoperta della difesa

Il confronto Sarri-Baroni: la differenza tra gol fatti e solidità difensiva. Per Mau conta l'equilibrio: il suo segreto a Napoli, ora riscoperto alla Lazio
Maurizio Sarri, Lazio
Maurizio Sarri, Lazio

La Lazio ha alzato un muro, e il maestro, manco a dirlo, è Mau Sarri. La Juventus di Tudor è andata a sbattere violentemente, trasformando l’ottantina di minuti di sterile possesso palla (successivi al gol di Basic) in una frustrante dimostrazione di inefficacia. Solo due le vere occasioni bianconere: David murato da Provedel in uscita e il colpo di testa di Thuram.

Perfino l’assedio finale, quando la Lazio si era ormai chiusa senza energie per ripartire, ha prodotto solo angoli e mischie, senza azioni significative. Questo è il segreto di Sarri, il Mister che “può rinunciare al palleggio, si adegua agli attaccanti, ma non rinuncerà mai ai principi di gioco”: zona, linea a quattro e copertura ossessiva degli spazi.

Senza l’abitudine e l’addestramento a difendere con ordine “di reparto” – come dicono gli allenatori – non si gettano le basi per i risultati. Sarri, tornato a Formello, non ha avuto rinforzi dal mercato, ma ha ritrovato gli stessi interpreti che aveva lasciato a marzo: Lazzari, Gila, Romagnoli e Marusic, con l’innesto di Luca Pellegrini (per evitare l’espulsione dell’ex Spal). E anche con Tavares (meno arrembante, ma pur sempre un pericolo pubblico in fase difensiva) non si rinuncia alle antiche sicurezze.

I Clean Sheet eredità di un record

I numeri non solo confermano le sensazioni, ma esaltano la prova gigantesca contro l’attacco bianconero. In otto giornate, Provedel ha inanellato il quarto clean sheet stagionale (gli altri contro Verona, Genoa e Atalanta).

Un dato che riporta alla mente la specialità della casa: nel campionato del secondo posto, la Lazio raggiunse il record di 21 partite senza subire gol su 38. La filosofia è chiara: “Prima ci difendiamo, poi pensiamo a divertirci”.

Quando Fabiani parla di fatturato offensivo e dei gol realizzati dalla Lazio di Baroni, ha ragione solo nella parte statistica. Se la squadra dell’attuale tecnico del Toro avesse avuto la stessa compattezza difensiva, avrebbe forse lottato per lo Scudetto (un evento fuori dalla realtà). Non a caso, Baroni chiuse settimo, fuori dall’Europa, pagando le flessioni di Guendouzi e Rovella e vincendo pochissime gare all’Olimpico.

Il confronto Sarri-Baroni: meglio più solidi

Mau è tornato pensando subito a risistemare la fase difensiva, anche a costo di sacrificare qualcosa in attacco (togliendo un centravanti rispetto a Baroni).

Il predecessore era partito fortissimo (13 punti in 8 giornate, 14 gol fatti e 12 subiti). Sarri, oggi, ha solo 2 punti in meno ma con una difesa blindata: ha incassato soli 7 gol (5 in meno rispetto a un anno fa), 3 dei quali subiti in emergenza contro il Toro.

Proprio quella sconfitta in inferiorità numerica ha convinto Sarri a tornare in fretta al 4-3-3. La Lazio segnava di più con il doppio centravanti (3-0 a Marassi), ma era diventata vulnerabile. Meglio giocare con tre centrocampisti e non abbandonare l’antico sentiero.

Nell’incertezza, come Sarri ha sempre spiegato, si possono cambiare i moduli (lo fece anche alla sua Juve Scudettata), ma mai i concetti di gioco e l’idea dell’equilibrio. Questa, alla fine, è l’unica vera garanzia di risultati.