Addio Pietrangeli, l’aneddoto di Binaghi: “Mi fingevo suo segretario”. I dettagli
La scomparsa di Nicola Pietrangeli ha toccato in modo profondo tanti cuori, compreso quello del Presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi, che in una intervista alla Gazzetta allo Sport ricorda il rapporto con il due volte campione del Roland Garros.
L’aneddoto di Binaghi su Pietrangeli
Il cagliaritano rivela di essersi finto della leggenda del tennis italiano: “Nicola era benvoluto e amato da tutti. Insieme abbiamo ricostruito il tennis italiano. Ci ha protetto quando eravamo giovani, brutti, scarsi, sporchi e soprattutto poveri. Girare il mondo con Nicola Pietrangeli era una garanzia, ci permetteva di lavorare se i risultati non arrivavano. Venivamo accettati ovunque soltanto grazie a lui. La credibilità di Nicola nel mondo era molto superiore a quella che aveva nel nostro Paese. Lui non era solo il tennis italiano, per molti era l’Italia. Tanto che spesso fingevamo che lui fosse il presidente e io il suo segretario. Considerate che siamo sempre stati perfettamente complementari: a lui piaceva fare quello che non piaceva a me e viceversa. Per cui quando andavamo all’estero lui si faceva tutte le visite ufficiali, tutti i discorsi istituzionali, i pranzi e le cene, mentre io lavoravo su quello che serviva. Si divertiva tanto, ma il patto prevedeva pure che i doni ricevuti restassero a lui La foto in ufficio con Nicola? Io ero un ragazzino di otto anni in un’isola sperduta come la Sardegna di allora. Il primo impatto con il tennis vero fu quella giornata, con Nicola che giocava in Coppa Davis per la prima volta nella mia regione, a Cagliari, Italia-Ungheria 5-0. In quella occasione mostrò tutto il suo essere campione, ma anche un personaggio straordinario- Mentre aspettavamo l’incontro, io e i miei amici abbiamo iniziato a palleggiare. Lui uscì dagli spogliatoi e senza dire niente si mise a giocare con noi: io caddi a terra dall’emozione. Cose impensabili oggi. Era una brava persona, sapeva amare la vita e la conosceva fino in fondo. Era intelligente e aveva un modo di rapportarsi con la gente al di fuori del normale: era diretto, sincero, mai banale, con quell’irriverenza propria dei veri fuoriclasse. Abbiamo riso molto. Ricordo certe cene, quando il tennis era poco seguito e perdevamo quasi sempre, con lui, Lea Pericoli e un paio di amici. Di fronte a noi una, due o qualche volta tre bottiglie di vino. Erano situazioni straordinarie, autentiche lezioni di vita. L’idea di intitolargli il Pallacorda è stata una mia idea e ne sono molto orgoglioso. Mi venne in mente partendo dal fatto che quel nome, Pallacorda, era terribile. E poi quello è lo stadio più bello del mondo, quindi raffigurava quello che Nicola era per il tennis italiano: un monumento. Ricordo che andai prima dal segretario generale del Coni Pagnozzi che glissò, cinque giorni dopo mi richiamò il presidente Petrucci per dirmi che il campo si sarebbe chiamato Nicola Pietrangeli. Così lo ricorderanno tutti, lì per sempre. Come voleva lui, lo diceva a tutti”.
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