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Coppa Davis 2025, il ricordo di Panatta prima della finale Italia-Spagna: “Una volta ci hanno rubato la partita”

Adriano Panatta a cuore aperto nell’intervista rilasciata a Nunzia De Girolamo nel corso del programma “Ciao Maschio”
Adriano Panatta
Adriano Panatta (Getty Images)

Protagonista assoluto del primo trionfo dell’Italia in Coppa Davis nel 1976 in Cile, Adriano Panatta apre il libro dei ricordi nell’intervista concessa a Nunzia De Girolamo durante il programma “Ciao Maschio” su Rai 1.

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Panatta e la Coppa Davis

Inevitabile parlare del suo rapporto con la Coppa Davis, compreso il periodo trascorso come capitano: “Era Francia–Italia, credo a Nancy. Ci hanno rubato la partita. La federazione internazionale di tennis mi ha fatto un processo e mi voleva squalificare. Ma non sapevano come fare, perché un mese prima mi hanno dato il premio, non meritato, come miglior capitano di Coppa Davis di quell’anno. Alla fine è finita che ho scritto una lettera di scuse alla federazione internazionale e hanno messo un pochino a tacere. Comunque veramente ci hanno rubato la partita. Stavamo 2-0, abbiamo perso 3-2”.

Panatta a cuore aperto

Il campione del Roland Garros 1976 esce, poi, dall’ambito tennistico per confidare cose molto più intime: “Non sono mai stato un padre molto presente con i miei tre figli, per ovvi motivi, perché stavo un po’ sempre in giro. Però ci sono sempre stato, nei momenti in cui ci dovevo stare. Quando erano molto piccoli stavo sempre in giro per il mondo. Purtroppo era il mio lavoro, non potevo fare altrimenti. Ho fatto tanti sbagli, anche anni in cui mi ero completamente isolato, per esempio. Il merito di Anna, mia moglie, è stato proprio quello lì, mi ha ridato la gioia di mettermi un po’ in gioco, di ricominciare un po’ da capo, di fare cose che non facevo più. Io andavo solamente in ufficio, lavoravo, poi andavo a casa, non uscivo mai. Avevo perso anche il contatto con gli amici. È stato un periodo non tanto bello. Non c’era voglia di vedere nessuno, questa è la verità. Facevo il mio lavoro, perché l’ho sempre fatto per carità. Però durante i momenti liberi non frequentavo persone, me ne stavo per conto mio da solo. Morire? Che devo fare? Mi dà fastidio. Sono a più di tre quarti della mia vita. Per cui bisogna pensarci, vorrei avere trent’anni in meno per non averne pochi davanti”.

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