Il manager Vittur spiega la Fondazione Sinner: “Jannik ha grandi potenzialità anche fuori dal campo”

Prima di arrivare a Pechino, Jannik Sinner ha organizzato una serata di Gala per presentare la propria Fondazione e, intervistato da Sky Sport, il suo manager e grande amico Alex Vittur parla in modo approfondito di questa iniziativa.
L’amicizia tra Vittur e Sinner
Innanzi tutto, Vittur spiega come abbia conosciuto il nativo di San Candido: “Ci siamo conosciuti quando il mio maestro, il mio primo maestro di tennis, che poi era anche il suo maestro, mi ha fatto una chiamata e mi ha detto: ‘guarda che c’è un ragazzino che gioca bene a tennis, che avrebbe bisogno di una mano, vieni a dargli un’occhiata’. Lavoriamo insieme da undici anni, abbiamo un’ottima amicizia, e questo tipo di rapporto funziona solo se hai una comunicazione molto aperta, onesta e diretta. Diciamo che quella è la cosa che mi rende più fiero. Gli voglio un bene dell’anima e voglio vederlo progredire in tutto quello che fa. Credo che abbia delle potenzialità, in campo e fuori dal campo, che pochi hanno. Sarebbe sciocco non dirgli tutto quello che penso”.
Lo scopo della Fondazione Sinner
Il manager del fenomeno altoatesino entra, poi, nel dettaglio della Fondazione: “Secondo me è un bellissimo progetto. Ne abbiamo parlato negli ultimi 18-24 mesi e volevamo prenderci un po’ di tempo per farlo con le persone giuste. E credo che insieme a Luca Maestri, Cristina, e Stefano Domenicali abbiamo messo su una bella squadra. Da una parte condividere gli stessi valori, dall’altra rendere questo progetto anche molto professionale. E, potenzialmente, anche molto internazionale. Onestamente parte tutto da lui, è lui che ha deciso di farlo. Noi siamo qui per aiutare. Viviamo in un mondo, e soprattutto giriamo il mondo, vedendo tante cose che non funzionano. Sicuramente non miglioreremo tutto quello che è da migliorare. Però, potremmo fare la nostra piccola parte. Con questa squadra e con questi valori, credo proprio che ce la faremo. In tutto il mondo e anche in Alto Adige. Perché partire da lì è un segno di attaccamento alla propria terra”.