Ruud fa mea culpa: “Ho sbagliato programmazione, Djokovic ha ragione sul calendario”. E sul Six Kings Slam…

Il primo Masters 1000 messo in bacheca quest’anno a Madrid non è sufficiente a Casper Ruud per trovarsi nella top 10 della classifica ATP a poche settimane dal termine della stagione.
Il bilancio di Ruud
In una intervista a Bolavip, l’attuale n. 12 in graduatoria analizza il suo 2025: “Avere un evento obbligatorio come Parigi così tardi rende la stagione molto, molto lunga. È lo stesso per tutti, ma d’ora in poi organizzerò il mio calendario in modo leggermente diverso, magari saltando alcuni tornei. Ho avuto tre o quattro anni senza sosta da quando ho raggiunto la top 10. Ho giocato molti tornei, alcune esibizioni in preseason, sono decisioni che ho preso e che, col senno di poi, credo non avrei dovuto prendere. Guardando al futuro, è qualcosa che tengo molto presente. Le critiche al calendario di Djokovic? Quello che dice Novak ha perfettamente senso. Ha più esperienza di qualsiasi altro giocatore. Quello di cui ho parlato al Roland Garros è che c’è un incentivo economico a giocare e a non saltare i Masters 1000, con i bonus e tutto il resto. Se sei tra i primi 15 e hai molte spese, non vuoi perdere nessuna occasione di guadagnare soldi. So che se non sei in buona salute, nessuno ti manderà in prigione per aver saltato un Masters 1000, ma quell’incentivo economico c’è, e ad alcuni importa più che ad altri. In ogni caso, la stagione è molto lunga. Cercherò di giocare molto bene in queste tre settimane e vedremo cosa succederà dopo Madrid. La stagione non è ancora finita. Se finisci all’11° o al 15° posto, che differenza c’è? Nessuna, secondo me, quindi a questo punto è tutto o niente. Cercherò di usarlo come motivazione”.
Il rifiuto a giocare il Six Kings Slam
In ultimo, lo scandinavo rivela di non nutrire particolare simpatia per il Six Kings Slam: “Non ho ricevuto alcuna offerta dal Six Kings Slam, ma ne ho ricevute alcune in passato e ho deciso di non partecipare. Giochiamo in altri paesi controversi, come la Cina, con questioni relative ai diritti umani e il caso di Shuai Peng. Non ne parliamo mai abbastanza”.