Tennis

Sanguinetti e il momento d’oro dell’Italia nel tennis: “Tutto il mondo ci invidia”

Il coach di Elena Rybakina, Davide Sanguinetti, esalta i tennisti azzurri, ma anche il presidente Binaghi
Jannik Sinner
Jannik Sinner (Getty Images)

Alla guida di Elena Rybakina dopo la rottura della kazaka con Goran Ivanisevic a inizio stagione, l’ex giocatore azzurro Davide Sanguinetti rilascia una interessante intervista a SuperTennis in cui analizza il periodo magico vissuto dal tennis italiano.

Sanguinetti esalta gli azzurri e la Federazione

Il nativo di Viareggio percepisce come il resto del mondo sia invidioso dei successi del nostro tennis: “Tutti a chiedermi cosa mangiano gli italiani, e io rispondo “pane magico!” ma, scherzi a parte, la verità è che qui spuntano ragazzi come i funghi, e ognuno con un suo gioco, una propria personalità: vedo Sinner come una macchina da guerra, Musetti come Van Gogh, Cobolli che sembra Billy the Kid con la velocità del braccio, Darderi che potrebbe essere la Cosa dei Fantastici Quattro e Arnaldi che potrebbe essere Mister Fantastic… e non dimentichiamoci Berrettini, che è solo in un momento particolare. Noi andavamo in giro quasi da soli e, invece, oggi i ragazzi sono super professionali e seguitissimi. Ho letto degli articoli che dicevano: ‘da Sanguinetti a Sinner’ e ancora sto ridendo, però allora posso dire che è cominciato tutto da me… sarà perché ho anche io la ‘S’ iniziale. Se le partite di Sinner fossero state trasmesse in chiaro avremmo visto livelli di audience pari alla nazionale di calcio. Merito anche di Binaghi il quale ha fatto un gran lavoro, c’è poco da dire. Come va ringraziato Sinner per il contributo che ha dato alla crescita del tennis azzurro: oggi tutti vogliono la racchetta di Sinner, l’autografo di Sinner”.

Il futuro con Rybakina

Inevitabile parlare, in ultimo, del rapporto di lavoro con la kazaka: “Sono entrato nel suo team a febbraio, senza lavoro dietro: lei mi ha spiegato più o meno che cosa aveva fatto e io le ho chiesto due anni di collaborazione perché ho il mio metodo di lavoro: nel primo anno vorrei conservare lo status quo, magari chiudere al numero 6 della classifica, e l’anno prossimo vorrei portarla al numero uno del mondo: le potenzialità ce le ha tutte”.