US Open

Cobolli non dimentica la Roma: “Fino a 14 anni ero 100% calciatore. Sinner? Djokovic è la persona che stimo di più”

Intervista a cuore aperto per Flavio Cobolli prima di scendere in campo con Francesco Passaro agli US Open
Flavio Cobolli
Flavio Cobolli (Getty Images)

Tra gli azzurri più attesi agli US Open c’è, senza dubbio, Flavio Cobolli che sta disputando una stagione ben al di sopra delle aspettative.

US Open 2025, il tabellone maschile con i qualificati: derby Passaro-Cobolli

Calciatore al 100% fino a 14 anni

Intervistato dal Corriere della Sera, il toscano di nascita, ma romano d’adozione, sottolinea come abbia dovuto scegliere tra calcio e tennis: “Fino ai 14 anni mi sono considerato un calciatore al 100%. Non avevo dubbi. Il calcio è ancora il mio sport preferito. Poi l’AS Roma mi ha messo alle strette: non potevo più fare due sport insieme. Firma il contratto, mi hanno detto. In quel momento mi sono reso conto che a me piaceva il pallone, un po’ meno l’ambiente: mi sentivo solo e diverso, ero un tennista nel corpo di un calciatore. Il tennis invece mi faceva sentire libero. Da calciatore non mi sarei mai espresso con la libertà che ho oggi”.

La svolta a Bucharest

Tornando all’attualità, il 2025 del nostro connazionale è girato a Bucharest: “Sono entrato in sfiducia ma a Bucharest, in un attimo, è cambiato tutto. Il primo titolo ATP, la fidanzata che piange, i complimenti. Ero nulla e di colpo mi sono sentito il più forte del mondo. Una partita non ti definisce, non dice chi sei, lo so: però in Romania ho compreso che per essere un top player devo lavorare con continuità. Devo volerlo sempre, ogni giorno. A giorni alterni, non basta”.

Per Cobolli l’idolo è sempre Djokovic

In ultimo, Cobolli riconferma la stima infinita nei confronti di Novak Djokovic: “Ho capito che i sogni si possono realizzare solo credendo in se stessi, che posso giocarmela con tutti, anche con il leggendario Novak Djokovic, la persona che stimo di più in assoluto nel tennis. Wimbledon è stata un’esperienza di vita meravigliosa, spero di essere all’altezza anche a New York. Jannik Sinner? Avere un numero uno italiano, dà solo vantaggi: ti senti motivato a dare di più ma puoi lavorare in pace perché tutta l’attenzione è su Jannik. Sinner lo conosco meno bene del mio amico Lorenzo Musetti però lo guardo tanto”.