US Open 2025, Sinner a cuore aperto tra virus, Alcaraz, Ferrara e i propositi di ritiro: “Mi sento bene”

C’era grande attesa per il media day di Jannik Sinner agli US Open e il n. 1 al mondo ha aperto il suo cuore ai presenti, toccando vari argomenti come riportato da Sky Sport.
Per Sinner il virus è alle spalle
Innanzi tutto, il nativo di San Candido parla delle sue condizioni di salute dopo il virus che l’ha colpito a Cincinnati: “Innanzitutto sono molto felice di essere tornato qui. È un grande torneo. È ovviamente l’ultimo Slam che abbiamo in questa stagione, quindi le motivazioni sono molto alte. Fisicamente mi sento bene. A Cincinnati ho avuto un virus che hanno avuto anche altri giocatori. Mi sono ripreso quasi del tutto, non ancora al 100%, ma puntiamo ad arrivarci in un paio di giorni. Quindi dovrebbe andare tutto bene per il torneo”.
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Il rapporto con Alcaraz
Inevitabile parlare, poi, della rivalità con Carlos Alcaraz: “Siamo due giocatori diversi. Lui è ovviamente molto veloce in campo. Con altri giocatori il punto a volte potrebbe finire, ma lui arriva su certe palle e quindi legge il gioco in modo diverso. Così ci sono scambi più lunghi. Ora ci conosciamo meglio. È un gioco molto tattico. Lui prepara le partite in modo diverso rispetto a prima. Io e il mio team facciamo lo stesso. Abbiamo stili diversi, di gioco ma anche come siamo dentro e fuori dal campo. Siamo semplicemente diversi. Allo stesso tempo però è bellissimo da vedere, perché rende tutto molto interessante. L’unica cosa che abbiamo in comune è che ci alleniamo duramente. Facciamo scelte in funzione del tennis. In questo momento è la nostra priorità, come deve essere, perché sono i piccoli dettagli che fanno la differenza. È interessante da vivere”.
Il ritiro a 23-24 anni se…
Il campione altoatesino rivela un particolare inedito della propria vita: “Ai miei genitori dissi quando ero giovane e andai via di casa che se a 23 o 24 anni non fossi stato nei primi 200 avrei smesso, perché non potevamo permettercelo con i soldi che avevamo. Viaggiare per i tornei costa tanto. Se hai un coach, ancora di più. Sono stato molto fortunato perché già a 18 anni ho iniziato a guadagnare e lì mi sono sentito più sicuro. Quando sei giovane, dici che è solo un sogno. Non ci credi nemmeno davvero. A volte dicevo: ‘Voglio diventare numero 1 del mondo o vincere uno Slam’. Ma erano solo sogni. La posizione in cui sono oggi era ben oltre i miei sogni. Adesso è diverso. Ora capisco il mio potenziale. Capisco che se gioco bene posso vincere tornei. La prospettiva è diversa. Ma se penso a quando ero un ragazzino, il mio sogno era solo entrare nei primi 100. Sarebbe stata la mia felicità. Tutto quello che è arrivato dopo è un grande extra“.
La grande differenza rispetto a un anno fa
Di certo, la pressione è minore rispetto al 2024 quando era appena esploso il caso Clostebol: “Adesso mi sento diverso, certo. L’anno scorso era una situazione molto più stressante, anche perché arrivata proprio prima di uno Slam. È stato difficile gestire tutto. Anche perché sono ancora giovane. Ferrara? Abbiamo già detto tutto nel comunicato. Non voglio aggiungere altro. Per me è finita. Ci concentriamo di nuovo sul duro lavoro e sul migliorare come atleta. Questo è ciò che conta adesso“.
Cosa rende l’Open degli Stati Uniti uno Slam speciale
In ultimo, il n. 1 al mondo si concentra sullo Slam newyorkese, sottolineando le differenze rispetto agli altri Major con una battuta finale: “Qui conta molto se giochi di giorno o di notte. Ci sono tanti piccoli dettagli che rendono questo Slam diverso. Per esempio, dormiamo in città e ci vuole un’ora per arrivare. Sono piccole cose, ma se non le gestisci bene diventa difficile giocare al massimo livello. Vediamo. Dico sempre che il futuro è imprevedibile. Non so cosa accadrà stavolta. Ma sicuramente è un torneo molto difficile da giocare. Cosa cambierei del tennis di oggi? Molte cose, ma non vi dico quali!”.